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Sai quella sensazione frustrante quando vedi che le persone arrivano sul tuo sito, magari anche scaricano il tuo lead magnet, e poi spariscono nel nulla?

O peggio: hai investito tempo e soldi in una campagna pubblicitaria, i click arrivano, le visite anche, ma poi nessuno prenota la call, nessuno compila il form, nessuno ti scrive.

E tu sei lì che ti chiedi: “Ma dove diavolo ho sbagliato?”

Il problema, nove volte su dieci, non è il tuo servizio.

E non è nemmeno il tuo prezzo.

Il problema è che tu non hai la minima idea di cosa sta succedendo nel viaggio che il tuo potenziale cliente fa dal momento in cui scopre che esisti al momento in cui decide di pagarti.

E no, non sto parlando di creare un bel poster colorato pieno di frecce e omini stilizzati da appendere in ufficio per sentirti più strategico.

Sto parlando di mappare concretamente ogni singolo punto di contatto tra te e il tuo cliente, identificare dove si blocca, capire perché rinuncia, e sistemare quello che non funziona prima che tu bruci altro budget in pubblicità che porta traffico ma zero conversioni.

Benvenuto nel mondo della Customer Journey Map.

Che non è design, è puro strumento di vendita.

Ma facciamo chiarezza una volta per tutte.

Perché dovresti sbatterti a mappare il viaggio del cliente

Partiamo dalle basi, senza paroloni da consulente che si sente importante.

La Customer Journey Map è semplicemente la storia completa del tuo cliente potenziale, dalla prima volta che sente parlare di te fino al momento in cui diventa un cliente pagante (e idealmente, un fan che ti porta altri clienti).

È il suo percorso.

Non il tuo.

E qui sta il primo, grande errore che fanno la maggior parte dei consulenti, coach e imprenditori di servizi: disegnano la mappa basandosi su come loro lavorano, sui loro processi interni, sui loro tool preferiti.

Risultato? Una mappa che rappresenta perfettamente come funziona la tua azienda vista dall’interno, ma che non ha niente a che vedere con quello che il cliente realmente vive.

È come se tu disegnassi la mappa di un ristorante dal punto di vista della cucina, invece che dal punto di vista del cliente che entra, ordina, mangia e paga.

A te importa come organizzi il magazzino? No. Ti importa quanto tempo aspetti tra l’ordine e il piatto, se il cameriere è gentile, se il conto è chiaro.

Lo stesso vale per i tuoi clienti.

A loro non importa che tu usi Trello per organizzare i progetti. Non gli interessa che la tua piattaforma di email marketing sia Mailchimp o ActiveCampaign. Non gli frega niente del tuo CRM sofisticato.

A loro importa: riesco a capire se questo servizio fa per me? Trovo facilmente le informazioni che cerco? Il form ha 3 campi o 12? Mi rispondono subito o dopo una settimana? Il prezzo è chiaro o devo fare una call di un’ora prima di scoprirlo?

Ecco perché mappare il viaggio reale del cliente, non quello che immagini tu, è vitale.

Soprattutto se vendi servizi.

Perché i tuoi clienti non comprano con un click come su Amazon.

Passano attraverso dubbi, ricerche, confronti, form di contatto, chiamate conoscitive, preventivi, follow-up via email. Ogni singolo passaggio è un punto in cui possono decidere di mollare e andare da un tuo competitor.

E tu devi sapere esattamente dove si blocca la maggior parte di loro, per sistemarlo.

Fase uno: smetti di parlare al “pubblico generico” e crea una persona vera

Eccola, la parte che tutti saltano perché “tanto io so chi è il mio target”.

No, non lo sai.

O meglio, sai chi pensi che sia. Ma finché non dai un nome, una faccia e una storia concreta a questa persona, continuerai a creare contenuti e funnel che parlano a nessuno.

È un po’ come quando uno sviluppatore web crea un sito pensando solo alla tecnologia che vuole usare, invece che all’utente finale che dovrà navigarlo. Magari usa il framework più figo del momento, implementa animazioni spettacolari, scrive codice pulitissimo. E poi il cliente guarda il sito e dice “ma dove clicco per contattarti?” perché la CTA è nascosta dietro un menu hamburger che sul mobile non si vede.

Stesso identico problema.

Quindi facciamo così: adesso prendi un foglio o apri un documento e crea una persona. Non un “target 30-45 anni, liberi professionisti, interessati al marketing”.

Una persona con un nome. Tipo Luca.

E pensiamo che vogliamo rivolgerci ad un target di sviluppatori web.

Prontə? Vai che iniziamo!

Luca è uno sviluppatore web freelance che lavora da casa. Ha 35 anni, vive a Milano, fa principalmente e-commerce su Shopify e qualche sito custom su WordPress. Ha un portfolio discreto ma vuole iniziare a lavorare con clienti più grossi che pagano di più, perché è stufo di fare siti da 2.000 euro per piccole attività che cambiano idea ogni due giorni. Ha provato a cercare clienti su LinkedIn ma non sa come posizionarsi, le sue ads su Meta gli hanno portato solo richieste di preventivi da gente che cercava il sito gratis. È tecnicamente bravissimo ma non sa comunicare il valore di quello che fa, e quando deve scrivere la sua bio o presentarsi a un potenziale cliente, va nel pallone totale.

Ecco. Questa è una persona.

Adesso, ogni volta che scrivi un post, una email, una landing page, parli a Luca. Non al “target freelance tech 30-40”. A Luca, che magari sta debuggando un problema di checkout mentre cerca di capire se il tuo servizio può davvero aiutarlo a fare quel salto di qualità che insegue da mesi.

E dove trovi le informazioni per creare Luca? Non nella tua testa.

Nei dati veri.

Leggi i commenti sotto i tuoi post. Apri i DM che ricevi su Instagram o LinkedIn. Rileggi le email di richiesta preventivo, soprattutto quelle delle persone che poi non hanno comprato. Vai su Google Analytics e guarda quali pagine visitano, dove abbandonano il sito, quanto tempo passano su ogni sezione. Guarda le domande frequenti che ti fanno durante le call conoscitive: sono sempre le stesse tre o quattro domande che si ripetono? Bingo, quelle sono i dubbi veri di Luca.

Luca emerge dai dati, non dalla tua fantasia.

E una volta che hai Luca ben chiaro, devi capire cosa si aspetta in ogni fase del suo viaggio con te.

Quando ti scopre per la prima volta, nella fase di Awareness, Luca non vuole che tu gli dica quanto sei bravo o quanti anni di esperienza hai. Vuole che tu gli confermi che il suo problema ha un nome, che non è l’unico sviluppatore freelance che si sente bloccato a fare siti da 2.000 euro, che esiste un modo per uscirne.

Quando sta valutando te rispetto ad altri consulenti, nella fase di Consideration, Luca vuole vedere risultati concreti. Case study di altri developer che sono passati da 2k a 10k per progetto. Vuole capire il tuo metodo, se è applicabile anche al suo caso specifico, se richiede competenze che lui non ha.

Quando è pronto a comprare, nella fase di Decision, Luca vuole sapere il prezzo, quanto tempo ci vuole, se deve seguire live o può andare in asincrono, se c’è supporto one-to-one o è tutto in gruppo, se può pagare a rate.

Se tu non rispondi a queste domande nel momento giusto, Luca se ne va. Chiude la tab del browser e torna a lavorare sul suo progetto. E tu non capisci perché.

Le cinque tappe della Customer Journey (e cosa devi offrire in ognuna per non perdere il cliente)

Ora che hai Luca ben chiaro in testa, mappiamo il suo viaggio attraverso cinque fasi principali.

Fase uno: Awareness

“Ho un problema, ma non so quale sia la soluzione”

In questa fase, Luca sa di avere un problema (guadagna troppo poco rispetto al tempo che lavora, i clienti sono piccoli e rompiscatole), ma non ha ancora chiaro cosa fare.

Il tuo compito qui è parlare del problema, non della tua soluzione. Crea contenuti che risuonano con il suo dolore: post, Reel, articoli di blog che dicono “ecco perché continuare a fare siti da 2.000 euro ti tiene bloccato” oppure “perché lavorare più ore non ti farà guadagnare di più come freelance tech”.

Luca legge, annuisce, e pensa “cavolo, ma sta parlando proprio di me”. Inizia a seguirti.

Fase due: Consideration

“Ok, so quali sono le possibili soluzioni, ora devo scegliere il fornitore giusto”

In questa fase, Luca ha capito che deve riposizionarsi, comunicare meglio il valore del suo lavoro, e trovare clienti disposti a pagare di più. Ora sta guardando te, ma anche altri due o tre consulenti che promettono la stessa cosa.

Il tuo compito qui è dimostrare che tu sei l’opzione migliore. Come? Con case study dettagliati di altri developer che hai aiutato, webinar gratuiti dove mostri concretamente il tuo metodo, checklist scaricabili che Luca può usare subito per vedere se il tuo approccio fa per lui.

Luca guarda, studia, confronta. Se tu gli dai abbastanza valore in questa fase, la scelta diventa ovvia.

Fase tre: Decision

“Sono pronto a parlare o comprare, ma devo essere sicuro”

In questa fase, Luca ha deciso che vuole lavorare con te. Ma ha ancora dubbi dell’ultimo minuto: il prezzo è troppo alto? Funzionerà davvero per il mio caso specifico? Cosa succede se non ottengo risultati? Riesco a seguire mentre lavoro a tempo pieno sui progetti?

Il tuo compito qui è rendere tutto cristallino. Landing page con pricing trasparente (o almeno fasce di prezzo), testimonianze video di altri freelance tech come Luca, bottone chiaro per prenotare la call o comprare.

Se Luca arriva qui e deve ancora cercare il prezzo, o peggio deve compilare un form con 12 campi solo per sapere quanto costa, se ne va. Garantito.

Fase quattro: Retention

“Ok, ho comprato, e ora?”

Questa fase la dimenticano tutti. E invece è oro colato.

Luca ha pagato. Ora o gli fai vivere un’esperienza da cliente felice, oppure diventa uno che ha comprato una volta e basta.

Il tuo compito qui è onboarding fatto bene: email di benvenuto, tutorial per iniziare, accesso a una community privata di altri developer, bonus esclusivi per chi è già cliente.

Luca si sente seguito, capisce che hai a cuore il suo successo, e inizia a pensare “forse anche quel mio collega che fa app dovrebbe lavorare con questa persona”.

Fase cinque: Advocacy

“Lo consiglio agli altri”

Questa è la fase in cui Luca diventa il tuo miglior venditore.

Il tuo compito qui è facilitare il passaparola: programma referral con sconti per chi porta amici, badge o riconoscimenti per i clienti che ottengono risultati eccezionali, ricondivisione dei loro successi sui tuoi canali.

Un Luca felice che ti porta due colleghi developer vale più di qualsiasi funnel a freddo che puoi costruire.

Come trovare i punti dove il cliente si blocca (e sistemarli subito!)

Ora arriva la parte più interessante: identificare dove Luca si perde lungo il viaggio.

Perché vedi, la mappa non serve solo a visualizzare il percorso ideale. Serve a scovare i “punti di frizione”, quei momenti in cui Luca si inceppa, si confonde, si spaventa e se ne va.

E per trovarli, devi tracciare quattro elementi per ogni tappa del viaggio.

Le azioni

Cosa fa concretamente Luca in questa fase? Clicca sull’annuncio? Scarica il PDF? Legge la landing page? Prenota la call? Compila il form?

Qui è dove la maggior parte di voi scopre la prima frizione: Luca scarica il lead magnet, ma poi non apre nemmeno la prima email di follow-up. Boom, problema identificato.

I touchpoint

Dove avviene l’interazione? Sul sito desktop o mobile? Su Instagram? Via email? In una call Zoom?

Qui scopri che il tuo bellissimo form di contatto con 12 campi sembra perfetto sul tuo Mac da 27 pollici, ma su mobile è un incubo da compilare. E indovina dove sta Luca quando vede la tua pubblicità? Sul telefono, tra una pausa caffè e l’altra mentre sta lavorando a un progetto.

Le emozioni

Cosa prova Luca in questo momento? Curiosità? Confusione? Ansia? Fiducia? Frustrazione?

Qui scopri che quando Luca arriva alla pagina del prezzo e non trova scritto da nessuna parte quanto costa, prova ansia. “Ma quanto mi costerà questa roba? Devo fare una call solo per scoprirlo? Non ho tempo per queste cose, ho tre deadline che mi premono.”

Le criticità e le opportunità

Dove si rompe il percorso? E come puoi sistemarlo?

Se il 40% delle persone abbandona il form di contatto, la criticità è chiara: troppi campi. L’opportunità? Ridurli a tre: nome, email, telefono. Fine. Tutto il resto lo chiedi dopo, quando hanno già manifestato interesse serio.

Un metodo pratico e velocissimo per fare questo? Prendi un foglio A3, dividilo in colonne (una per ogni fase del viaggio), usa post-it colorati per segnare azioni, touchpoint, emozioni e criticità.

In 30 minuti hai davanti agli occhi una mappa visiva che ti mostra esattamente dove la gente sbatte la testa. E puoi iniziare a sistemare, partendo dalle frizioni più grosse.

A proposito di trovare i punti di frizione: se stai investendo in campagne Meta ma i risultati non arrivano, probabilmente il problema è nascosto in uno dei passaggi che abbiamo appena visto. Ecco perché ho creato Check Ads, la checklist che in 15 minuti ti mostra esattamente dove stai sbagliando con le tue campagne pubblicitarie. Targeting, creatività, landing page, tracciamento: tutti i punti critici che devi controllare prima di bruciare altro budget.

[Scarica Check Ads e scopri dove si stanno perdendo i tuoi soldi →]

Come usare la mappa per ottimizzare campagne e funnel

Eccoci alla parte finale, quella che trasforma la mappa da “esercizio teorico carino” a “strumento che ti fa vendere di più”.

Perché vedi, mappare va benissimo. Ma se poi la mappa resta un PDF sul tuo computer e tu continui a creare campagne pubblicitarie a caso, non è servito a niente.

Quindi, come usi concretamente la Customer Journey Map?

Allinea le creatività delle Ads alle fasi del viaggio

Se stai facendo una campagna di Awareness, il tuo annuncio deve parlare del problema, non della tua soluzione. “Bloccato a fare siti da 2.000 euro?” funziona. “Compra il mio corso in 3 rate” no.

Se stai facendo retargeting nella fase di Decision, il tuo annuncio deve mostrare prove sociali e offrire chiarezza: testimonianze video, risultati concreti di clienti, call to action diretta tipo “Prenota la tua call gratuita”.

La mappa ti dice esattamente in quale fase si trova ogni segmento di pubblico, e quindi quale messaggio deve vedere. Specialmente ora che l’algoritmo di Meta decide automaticamente dove mostrare le inserzioni, diventa ancora più importante che il messaggio sia allineato alla fase del viaggio.

Dai priorità alle frizioni più grosse

Non puoi sistemare tutto in un giorno. Quindi parti dai problemi che ti stanno costando più soldi.

Se il 40% delle persone abbandona il form di contatto, sistema quello prima di creare nuovi annunci. Perché puoi portare tutto il traffico che vuoi, ma se poi si blocca al form, stai solo buttando budget.

Se le email di follow-up hanno un tasso di apertura del 5%, il problema non è quante persone scaricano il lead magnet. Il problema è cosa scrivi in quelle email.

La mappa ti mostra chiaramente dove sta il collo di bottiglia più grosso. Concentrati lì.

Monitora con dati veri, non con sensazioni

Dopo aver fatto modifiche basate sulla mappa, devi misurare se hanno funzionato.

Non basarti su “mi sembra che le cose vadano meglio”.

Usa Google Analytics 4 o il tuo CRM per vedere se il tasso di compilazione del form è aumentato dopo che hai ridotto i campi. Controlla se il costo per lead è sceso dopo che hai allineato le creatività alle fasi del viaggio. Guarda se le email di follow-up hanno un tasso di apertura più alto dopo che hai riscritto gli oggetti.

KPI semplici e chiari: costo per lead, tasso di conversione, tempo medio sulla pagina, tasso di abbandono.

Numeri, non opinioni.

E ricordati di aggiornare!

Ecco, siamo arrivati al punto finale.

La Customer Journey Map non è qualcosa che disegni una volta e poi tieni nel cassetto per sentirti più professionale.

È uno strumento vivo, che devi aggiornare ogni volta che cambia qualcosa nel tuo business.

Hai lanciato una nuova offerta? La mappa cambia, perché i dubbi e le domande dei clienti su questa offerta sono diversi da quelli sulla vecchia.

Hai iniziato a usare un nuovo canale pubblicitario? La mappa cambia, perché i touchpoint sono diversi.

Meta ha lanciato Andromeda e adesso i tuoi annunci girano su placement che prima non consideravi? La mappa cambia, perché il modo in cui le persone ti scoprono è diverso.

La regola d’oro: aggiorna la tua Customer Journey Map almeno una volta al trimestre. O ogni volta che noti un calo improvviso nelle conversioni che non riesci a spiegare.

Perché se c’è una cosa che ho imparato lavorando con decine di imprenditori e consulenti, è questa: meno tempo passi a tirare a indovinare perché le cose non funzionano, più tempo passi a leggere dati concreti e sistemare quello che blocca la vendita.

E quello, credimi, è tutta un’altra storia.