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Ti sarà capitato di pubblicare un post super curato e… silenzio assoluto.
Oppure una storia fatta al volo che esplode di risposte.
O ancora, di vedere profili con 800 follower ma 50 commenti a ogni carosello.
Il punto è: non basta pubblicare “qualcosa”, ma serve capire quali contenuti fanno scattare l’engagement — quello vero, fatto di commenti, DM, salvataggi, condivisioni e clienti che si ricordano di te anche dopo mesi.

In questa guida trovi tutto ciò che serve per capire, con esempi concreti e best practice, quali contenuti funzionano davvero nel 2025 per chi vende servizi, consulenze, coaching e non vuole rincorrere l’algoritmo.

Perché l’engagement è il vero metro di successo (e non solo i like)

Facciamo chiarezza: l’engagement non è solo “più like”.
L’engagement che conta è quello che crea relazione:

  • commenti che aprono una conversazione,
  • salvataggi (“questo mi serve!”),
  • DM (“Ciao Giulia, ho letto il tuo post e…”),
  • condivisioni (“lo devo girare a un collega!”).

Tutti segnali che l’algoritmo AMA (e che i clienti ricordano).
Se punti solo ai like, rischi di attirare follower curiosi ma mai pronti a comprare.

Se vuoi una panoramica su come portare questo engagement verso la vendita, dai un occhio a Funnel marketing: come trasformare sconosciuti in clienti paganti.

I contenuti che danno più engagement nel 2025 (e perché funzionano)

1. Reel brevi, chiari e con CTA forte

I reel continuano a essere il formato che fa scoprire profili a nuovi utenti.
Ma funzionano solo se:

  • Sono brevi (7-20 secondi: la soglia d’attenzione è minima!)
  • La prima frase/immagine è un “gancio” (“Ehi, vuoi sapere perché nessuno risponde alle tue offerte?”)
  • Si conclude con una CTA (“Salva il reel se ti è utile”, “Scrivi DM con la parola SÌ”)

Esempio pratico:
Un Linkedin coach pubblica un reel con “3 errori che bloccano la crescita del tuo profilo — commenta con ‘errore’ per ricevere la lista completa”.

2. Caroselli educativi (how-to, errori, checklist)

Il carosello è il formato “evergreen” per spiegare cose complesse in modo visuale e scansionabile.
Funziona perché:

  • Il lettore può “sfogliare” e trovare subito valore concreto
  • Le persone salvano la slide più utile
  • Si presta a rubriche settimanali (“Il lunedì della strategia”, “Tips del venerdì”, ecc.)

Esempio pratico:
Un social media manager pubblica “Checklist per capire se la tua bio IG funziona: 7 punti da controllare subito”.

3. Storie interattive (quiz, sondaggi, box domande)

Le storie “non servono solo per mostrare il caffè del mattino”.
I contenuti che generano engagement vero sono:

  • Sondaggi “Sei più team strategia o team improvvisazione?”
  • Quiz “Indovina qual è il mio errore più grande nel 2024”
  • Box domande “Qual è il tuo problema più grande con Instagram?”

Perché funzionano:
Invitano a interagire, raccolgono insight (da riutilizzare nei post) e fanno partire conversazioni in DM.

Se vuoi approfondire come costruire una strategia di storie che porta davvero clienti, trovi tutto qui: Come sponsorizzare una storia su Instagram.

4. Contenuti UGC e testimonianze reali

L’engagement più forte arriva dai contenuti generati dagli utenti (UGC), recensioni, video, screen di messaggi, mini-case study di clienti soddisfatti.
Perché funzionano?

  • Social proof immediata (se l’ha fatto lui, posso farlo anch’io)
  • Spesso le persone taggano amici/colleghi
  • Umana il brand (“Non è solo Giulia che lo dice, ma anche i suoi clienti”)

Come integrarli:

  • Condividi storie in cui ti taggano
  • Crea rubriche “clienti della settimana”
  • Mostra il “prima e dopo” di una consulenza

5. Mini-video tutorial e demo pratiche

Far vedere “come si fa” vince sempre.
I tutorial, demo, mini-screencast risolvono problemi pratici, e chi ha un problema sente il bisogno di salvare/condividere.

Esempio pratico:
Un video “Come sconfiggere l’ansia di fare i reel parlati in 2 minuti (senza perdere tempo a fare corsi inutili)”

Quali contenuti NON portano engagement nel 2025?

Te li metto qui uno per uno, in modo super-chiaro:

  • Immagini stock anonime: le persone passano oltre
  • Post “autocelebrativi” senza valore concreto (“Ho vinto un premio” sì, ma solo se lo colleghi a un risultato utile per il follower)
  • Caption troppo lunghe senza struttura: l’attenzione dura 8 secondi, aiuta con elenchi, emoji, grassetti
  • Stories solo di vita privata senza nesso con il brand: l’umanità serve, ma sempre collegata alla soluzione che offri

Errori classici: perché il tuo engagement è basso (anche se pubblichi sempre)

  1. Non chiedi mai niente (nessuna CTA chiara): la gente non capisce che può commentare/chiedere/salvare
  2. Pubblichi solo per te, non per chi ti segue (basta ego, serve empatia)
  3. Ignori i dati (non controlli mai insight, copertura, risposte): correggi rotta ogni settimana!
  4. Non rispondi ai commenti o ai DM: la relazione si costruisce… rispondendo.
  5. Provi a fare “tutto perfetto”: a volte la spontaneità (ben dosata) vince sulla perfezione.

Per imparare a leggere i dati che contano, non perderti Come leggere i dati di Instagram Ads: la guida semplice.

Checklist pratica: come massimizzare l’engagement ogni settimana

  1. Pubblica almeno 1 reel (o video breve) con CTA in apertura e chiusura
  2. 1 carosello how-to o checklist che risolva un problema frequente del tuo target
  3. Storie ogni giorno con almeno 2 box interattivi (quiz, sondaggi, domande)
  4. Una testimonianza reale o un contenuto UGC (se puoi: sempre!)
  5. Salva e analizza i dati di engagement ogni domenica sera (e cambia quello che non funziona)

Se vuoi smettere di pubblicare “a caso” e trasformare ogni contenuto in un magnete per DM, richieste e clienti veri, scarica Adscheck 7 (la checklist che ti mostra subito dove stai perdendo tempo e quali contenuti ti portano clienti veri) oppure prenota una consulenza strategica: analizziamo insieme i tuoi dati, i tuoi post e costruisco un piano su misura per il tuo business.

Ricorda:
Se vuoi engagement vero su Instagram, non ti basta copiare i trend del momento.

Serve una strategia cucita su di te, sui tuoi servizi e sul tuo target.

E quella, credimi, è tutta un’altra storia.